Buche stradali: risarcimento dal Comune

Com'è noto, con il maltempo, le lunghe piogge e la neve si apre la consueta emergenza buche stradali per il Comune di Milano e delle grandi città d'Italia, con conseguenze dannose per pedoni e per conducenti di auto, moto e biciclette.

Non sempre, però, gli addetti del Comune riescono ad intervenire in maniera veloce ed efficace, prevenendo i danni alle cose e alle persone.

Per questo, negli ultimi anni, la giurisprudenza sia di merito che di Cassazione ritiene applicabile a tali ipotesi la fattispecie prevista dall’art. 2051 c.c., caratterizzata da un onere della prova più generoso nei confronti dell'attore danneggiato, in quanto il danno cagionato al pedone o al conducente del veicolo deriva da una "cosa" (il manto stradale, appunto) sottoposta alla custodia del Comune stesso.

In sostanza, “la disciplina di cui all’art. 2051 c.c. è applicabile, in relazione alle strade aperte al pubblico transito, in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla loro estensione, salvo che si dia la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non tempestivamente evitabile o segnalabile" (Cfr., su tutte, Cass. Sez. 3 civile, 18 ottobre 2011, sent. 21508).

Tuttavia, qualora si volesse diversamente optare per la sussistenza in capo all'Ente pubblico della più classica ed onerosa responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., si osserva che in tema di danno da "insidia" stradale, la Suprema Corte ha più volte precisato che “il solo fatto che sia dimostrata l’esistenza di una anomalia sulla sede stradale è di per sé sufficiente a far presumere sussistente la colpa dell’ente proprietario il quale potrà superare tale presunzione solo dimostrando che il danno è avvenuto per negligenza, distrazione od uso anomalo della cosa da parte della stessa vittima" (Cfr., su tutte, Cass. Sez. 3 civile, sent. 13 luglio 2011, n. 15375).

Pertanto, “qualora non sia applicabile la disciplina dell’art. 2051 c.c., in quanto sia accertata in concreto  l’impossibilità dell’effettiva custodia sul bene demaniale, l’ente pubblico risponde dei danni subiti dall’utente secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c., che non prevede alcuna limitazione della responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un’insidia o di un trabocchetto. In tal caso, graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene demaniale (come, ad esempio, della strada), che va considerata fatto di per sé idoneo a configurare il comportamento colposo della P.A.” (Cfr. Cass. Sez. 3 civile, sent. 6 luglio 2006, n. 15383).

Milano, 18 febbraio 2014

Avv. Stefano Salvetti

Dott. Luigi Colantuoni