Diritto agli alimenti ex art. 433 C.C.

Quando una persona si trova in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento può citare in giudizio, nell’ordine:
1. Il coniuge;
2. I figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e, in loro mancanza, i loro discendenti prossimi;
3. I genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali, e gli adottanti;
4. I generi e le nuore;
5. Il suocero e la suocera;
6. I fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani per ottenere una sentenza che obblighi uno o più di loro al versamento in suo favore di un contributo proporzionato ai suoi bisogni e alla capacità economica di chi deve prestare gli alimenti.

Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere l’obbligazione mediante un assegno periodico o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto. La forma più usuale è tuttavia quella della corresponsione dell’assegno mensile.
È prevista la possibilità di chiedere al Giudice la determinazione di un assegno provvisorio, dopo l’instaurazione del procedimento e prima che sia emessa la sentenza (art. 446 C.C.).
Gli alimenti non devono mai superare quanto necessario per la vita di colui che li richieda e tra fratelli e sorelle sono dovuti nella misura solo dello stretto necessario (art. 439 C.C.).
Nel tempo, in relazione all’eventuale cambiamento della situazione economica dell’alimentante e dell’alimentato il Giudice può stabilire la cessazione o la riduzione dell’assegno.

 

 

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