In tema di illegittimità del licenziamento dei dirigenti, per intervenuto trasferimento e/o cessione, a seguito di insolvenza, dell’azienda datore di lavoro, una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione della Sezione Lavoro (la n. 398 del 11/1/2007) ha risolto un antico contrasto giurisprudenziale, se vi fosse o meno tutela per il dirigente ex art. 2112, primo comma C.C.(1), optando per la conferma dell’applicazione della tutela prevista da detto articolo, in luogo dell’art. 47, comma 5(2) della L. 29.12.1990, n. 428.
La Corte si è, infatti, così pronunciata: “In virtù della differenza di tutela del rapporto di lavoro dei dirigenti (e della diversità del loro “status” anche sotto il profilo previdenziale e sindacale), rispetto a quello delle altre categorie di lavoratori, soggetto alla libera recedibilità da parte del datore di lavoro, con la conseguenza che i dirigenti non possono fare affidamento sulla stabilità del rapporto, salvo diversa convenzione in tal senso, ma solo su quelle garanzie che derivano dalla contrattazione collettiva, in caso di trasferimento di azienda in stato di insolvenza non si applica ad essi (ai dirigenti) la disposizione dettata dall’art. 47 comma quinto, della Legge 29/12/1990 n.428, che, nell’ipotesi di raggiungimento di accordo finalizzato al mantenimento dei livelli di occupazione, deroga all’art. 2112 comma primo, C.C. secondo il quale, di norma, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.
L’affermazione di questo principio di diritto comporta un significativo mutamento di orientamento rispetto a quanto affermato in precedenti pronunce (tra le altre, Cass. Civ. Sent. n. 2187, 28 marzo 1985), con le quali la stessa Corte di Cassazione è giunta a conclusioni diverse. In particolare, in passato la Corte ha ritenuto applicabili anche ai dirigenti le disposizioni speciali sul trasferimento delle aziende in crisi.
Nello specifico, va ricordato, infatti, che in passato la Corte aveva avuto, più volte, modo di evidenziare che la diversità di trattamenti dei dirigenti, rispetto agli altri lavoratori, discendesse dalla mancanza di stabilità del loro rapporto e, più in generale, dal fatto che essi «…hanno nell’ordinamento del diritto del lavoro, in quello previdenziale e in quello sindacale uno status avente, per molti aspetti, chiare note di diversificazione rispetto a quello degli altri dipendenti…» (così Cass., SS. UU., n. 5233, 17 ottobre 1984).
Con la sentenza del 2007, la Cassazione evidenzia che i dirigenti hanno oggettivamente un’esigenza di tutela diversa dagli altri lavoratori subordinati, e quindi non può ritenersi applicabile nei loro confronti la disposizione contenuta nel comma 5 dell’art. 47.
La norma indicata, infatti, costituisce una norma speciale che, in deroga alla garanzia generale contenuta nell’art. 2112 cod. civ., ha lo scopo di agevolare la cessione delle aziende in stato d’insolvenza, salvaguardando la loro commerciabilità e, in tal modo, tutelando in parte il mantenimento dei livelli occupazionali.
L’inapplicabilità dell’art. 47, quinto comma, L. 428 /90 nei confronti dei dirigenti, secondo il giudice, discende dalla particolare natura del rapporto dirigenziale, che è soggetto (al contrario degli altri rapporti di lavoro subordinato) alla libera recedibilità da parte del datore di lavoro. Il comma 5 riguarda situazioni diverse, in quanto consente di escludere le garanzie di stabilità previste dalla legge per i lavoratori subordinati che da tali garanzie sono coperti tra cui, come detto, non rientrano i dirigenti.
Già fonte convenzionale per i dirigenti era peraltro giunta alle conclusioni della sentenza n. 398 / 2007; l’art. 13 del CCNLDAI recita: “Fermo restando quanto disposto dall’art. 2112 C.C., in caso di trasferimento di proprietà dell’azienda, ivi compresi i casi di concentrazioni, fusioni, scorpori, non debbono in alcun modo essere pregiudicati i diritti acquisiti dal dirigente”.
In conclusione, con la nuova sentenza dell’11 gennaio 2007, la Corte afferma l’inapplicabilità nei confronti dei dirigenti dell’art. 47 comma 5, legge 428/1990 e la loro conseguente soggezione piena all’art. 2112 cod. civ, in virtù del quale in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con l’acquirente, e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Avv. Stefano Salvetti
(1) Cfr. Art. 2112 C.C. Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.
In caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
(2) Cfr. Art. 47, comma 5, L.428 /1990: “5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unita` produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell’articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attivita` non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’ articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo puo` altresi` prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante”.