Il “Nuovo Concordato Preventivo” ex art. 33 D.L. 83/2012
Il Concordato Preventivo è una procedura concorsuale cui può ricorrere il debitore – sia esso un imprenditore individuale, una società o un diverso ente – che versi in stato di crisi, per tentare il risanamento dell’azienda, oppure per liquidare il proprio patrimonio, evitando così il fallimento (cfr. gli articoli 160-186 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, c.d. “Legge Fallimentare”, come modificati dalla L. 80/2005 e dal D.Lgs. 169/2007).
Dal 26 giugno scorso è in vigore il Decreto Legge n. 83 del 2012, recante ”Misure urgenti per la crescita del paese”, che prevede, tra gli altri, nuovi strumenti di ristrutturazione per le Piccole e Medie Imprese non quotate.
In particolare, l’articolo 33 del Decreto ha introdotto il c.d. “Nuovo Concordato Preventivo”, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi di impresa, superando le criticità emerse in sede applicativa,e precisamente:
Il superamento di tali criticità dovrebbe, quindi, favorire la ristrutturazione anticipata dello stato di crisi dell’azienda, inducendo l’imprenditore a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure esterne che la rilevino, come ad esempio il fallimento.
1. La protezione del debitore nella fase introduttiva: la domanda di Concordato con “riserva”.
Con l’introduzione della lettera b) dell’articolo 33 del Decreto, il legislatore è intervenuto per risolvere la prima delle criticità emerse in sede applicativa del sistema previgente. Oggi è infatti possibile presentare il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, riservandosi di depositare la proposta, il piano di concordato e la relativa documentazione (ex art. 161, commi 2 e 3, Legge Fall.) in un momento successivo, entro «un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni» dal deposito, prorogabile per ulteriori sessanta giorni.
In questo modo, si è inteso evitare che i tempi tecnici necessari alla predisposizione della proposta e del piano di concordato – che nei casi più complessi poteva durare alcuni mesi – possano aggravare irreversibilmente lo stato di crisi dell’impresa.
La nuova norma consente infatti al debitore in stato di crisi di continuare la propria attività aziendale, attribuendogli la possibilità di compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione del Giudice (che ha soltanto facoltà di «assumere sommarie informazioni»), quelli urgenti di straordinaria amministrazione, riconoscendo altresì ai crediti che sorgono come conseguenza di tali atti, un regime di prededuzione.
Tali modifiche, pertanto, si pongono l’obiettivo di rimuovere quegli ostacoli, frequentemente emersi nella prassi applicativa, che un tempo frenavano i terzi contraenti con l’imprenditore (fornitori e banche, in primis) nelle more dell’ammissione al concordato preventivo, attraverso una maggiore tutela finalizzata a salvaguardare la continuità aziendale.
2. La c.d. “finanza-ponte” (art. 182-quinquies L.F.).
La lettera f) del citato art. 33, introduce il nuovo art. 182-quinquies Legge Fall., al fine di risolvere un’altra delle criticità emerse nel sistema previgente, ossia l’impossibilità da parte dell’imprenditore di ottenere disponibilità finanziarie immediate per dare esecuzione al piano di concordato, considerato che i finanziatori spesso non erano in grado di conoscere in anticipo se il proprio credito avrebbe goduto del beneficio della prededuzione.
La nuova norma consente, invece, di superare tali limiti, attribuendo all’impresa in crisi la facoltà di richiedere al Tribunale, contestualmente alla presentazione del ricorso, l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili, ai sensi dell’art. 111 L.F., purché si alleghi una relazione del professionista attestante che «tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori».
3. Il Concordato con continuità aziendale (art. 186-bis L.F.).
Con la lettera h) dell’art. 33 del Decreto, si introduce ad hoc l’art. 186-bis Legge Fall., relativo al Concordato con continuità aziendale, ossia finalizzato alla prosecuzione dell’attività d’impresa, anche mediante la cessione o il conferimento dell’azienda in una società esistente o in una nuova (NewCo).
In tal caso, il piano di concordato deve contenere espressamente un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi, in relazione alla prosecuzione dell’attività d’impresa, nonché l’indicazione delle risorse finanziarie necessarie, con le relative modalità di copertura (oltre alla relazione del professionista indipendente che attesti che la prosecuzione dell’attività è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori).
Vi sono, poi, numerose disposizioni, sia di tipo privatistico sia pubblicistico, a favore dell’imprenditore in stato di crisi.
Sul piano privatistico, l’art. 186-bis L.F. riconosce al debitore, da un lato, la facoltà di prevedere nel piano di concordato una moratoria, della durata di un anno dall’omologazione della proposta, per il pagamento dei creditori privilegiati, pignoratizi o ipotecari; dall’altro lato, viene esclusa la risoluzione dei contratti in corso e sancita l’inefficacia di eventuali patti contrari (si pensi, ad esempio, alle tipiche clausole dei contratti commerciali che prevedono la risoluzione di diritto in caso di assoggettamento di una delle parti contraenti a qualsivoglia procedura concorsuale).
Sul fronte pubblicistico, appare una netta differenza rispetto alla procedura di fallimento, laddove lo stesso art. 186-bis L.F. prevede che «l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici», stipulati cioè con le pubbliche amministrazioni (sempre che il professionista indipendente ne attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento da parte dell’impresa in crisi) ed anzi, consente addirittura all’impresa in crisi di partecipare a procedure di affidamento.
In conclusione:
La nuova normativa, come disciplinata dall’art. 33 del D.L. 83/2012, permette finalmente agli imprenditori che vedono le proprie aziende versare in stato di illiquidità – dovuta, per esempio, al mancato pagamento di crediti pubblici e/o a causa della crisi dei consumi – di credere in un risanamento della propria attività, oppure in una definitiva liquidazione del proprio patrimonio, allontanando lo spettro della procedura concorsuale del Fallimento da se stessi, con tutte le conseguenze sul piano civilistico ed eventualmente penalistico.
Milano, 8 marzo 2013
Avv. Stefano Salvetti
Dott. Luigi Colantuoni