1) Che cosa devo fare per accettare un'eredità?
Occorre innanzitutto distinguere, ai sensi dell'art. 470 c.c., tra accettazione dell'eredità pura e semplice ed accettazione con beneficio d'inventario:
– se l'accettazione è pura e semplice, il patrimonio del de cuius si fonderà con quello dell'erede che, evidentemente, sarà tenuto al pagamento degli eventuali debiti compresi nell'eredità, anche oltre la misura dell'attivo ricevuto (c.d. eredità onerosa);
– se l'accettazione avviene col beneficio d'inventario, il patrimonio del de cuius sarà distinto da quello dell'erede che, al contrario, sarà tenuto al pagamento degli eventuali debiti compresi nell'eredità, nei limiti dell'attivo ricevuto.
A tal fine, si precisa che l'erede potrà sempre usufruire del beneficio d'inventario, anche se il testatore abbia stabilito diversamente, e che le eredità devolute ai minori, anche emancipati, agli interdetti, agli inabilitati, alle persone giuridiche, associazioni e fondazioni, escluse le società, devono essere accettate per legge col beneficio d'inventario (artt. 471, 472 e 473 c.c.).
L'accettazione dell'eredità deve avvenire mediante una dichiarazione espressa resa dinanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, con l'assistenza consigliata di un avvocato.
Se l'accettazione avviene con beneficio d'inventario, tale dichiarazione deve essere preceduta o seguita, ai sensi dell'art. 484 c.c., dall'inventario delle passività e delle attività ereditarie.
Per i minori, gli interdetti, gli inabilitati e i sottoposti ad amministrazione di sostegno, è necessario produrre una copia conforme dell'autorizzazione del Giudice Tutelare.
Il chiamato che abbia, in questo modo, accettato l'eredità, non può più rinunciarvi, in virtù del principio semel heres, semper heres.
2) Che cosa devo fare per rifiutare un'eredità?
La rinunzia all'eredità deve farsi con dichiarazione espressa resa dinanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, con l'assistenza consigliata di un avvocato.
In questo modo, il chiamato all'eredità che rinuncia è considerato come se non fosse mai stato chiamato. La rinuncia retroagisce, come l'accettazione, al momento dell'apertura della successione, ma non intaccherà, nei limiti della quota disponibile, le donazioni nè i legati fatti dal de cuius al rinunziante quand'era ancora in vita, ad eccezione degli artt. 551 c.c. (legato in sostituzione di legittima) e 552 c.c. (legato in conto di legittima).
Diversamente dall'accettazione, però, la rinuncia è revocabile; pertanto, chi ha rinunciato all'eredità ha ancora la facoltà di accettarla (accettazione tardiva), con dichiarazione espressa contraria a quella presentata con l'atto di rinuncia, sempre dinanzi ad un notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, purchè nel frattempo non sia stata accettata da altri e non sia trascorso il termine decennale di prescrizione, di cui si dirà.
3) Quali termini ho per accettare o rifiutare?
Il diritto di accettare l'eredità, con o senza beneficio d'inventario, si prescrive in dieci anni dal giorno dell'apertura della successione e, in caso di istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione.
Se però il chiamato all'eredità è, a qualsiasi titolo, nel possesso dei beni ereditari, dovrà fare l'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione e, compiuto l'inventario, avrà un termine di quaranta giorni per dichiarare se accetta con beneficio d'inventario o se rinuncia.
Trascorsi tali termini senza che l'inventario sia stato compiuto o senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice.
Se il chiamato muore prima di accettare, il relativo diritto si trasmette ai suoi eredi.
Qualora però il primo chiamato (o i suoi eredi) tardi ad esercitare il diritto di accettazione o di rinuncia, chiunque vi abbia interesse (ad esempio, i successori del primo chiamato, i legatari, i creditori ereditari, i creditori personali del primo chiamato, l'esecutore testamentario, il curatore dell'eredità giacente, ecc.) può presentare al Giudice un'istanza, al fine di fissargli un termine entro cui decidere, a pena di decadenza (actio interrogatoria).
4) Che cosa devo fare per conservare l'integrità dei beni ereditari fino al momento della divisione tra eredi?
Nel periodo che va dall'apertura della successione all'accettazione dell'eredità, il patrimonio ereditario potrebbe restare privo di un titolare (c.d. vacanza dell'eredità).
Per evitare fenomeni di deterioramento, sottrazioni o appropriazioni indebite di tale patrimonio, il legislatore ha previsto che chiunque ne abbia interesse (ad esempio, il chiamato all'eredità, i legatari, i creditori ereditari, i creditori personali del primo chiamato, l'esecutore testamentario, il curatore dell'eredità giacente, ecc.) possa presentare al Tribunale competente un'istanza volta alla nomina di un curatore dell'eredità giacente. Può accadere infatti che il chiamato all'eredità non abbia ancora accettato e non sia nel possesso dei beni.
Il curatore, che non è un rappresentante bensì un amministratore, ha il compito di salvaguardare gli interessi dell'eredità, occupandosi di farne l'inventario, resistere ad eventuali azioni di petizione ereditaria proposte contro di essa, amministrarla o devoverla allo Stato se essa non viene accettata nel termine prescrizionale di dieci anni. Per gli atti che vanno oltre l'ordinaria amministrazione, il curatore deve chiedere l'autorizzazione al Giudice.
Lo stato di giacenza ereditaria cessa – e dunque il curatore viene sollevato dalle sue funzioni – nel momento in cui il chiamato all'eredità accetta l'eredità espressamente (art. 475 c.c.) o tacitamente (artt. 485 e 527 c.c.).
Allo stesso modo si procede altresì per l'apposizione di sigilli sui beni caduti in successione, quando questi restano incustoditi ed al fine di evitarne la dispersione o la sottrazione (artt. 752 ss. c.c.).
Milano, lì 15 aprile 2014
Avv. Stefano Salvetti
Dott. Luigi Colantuoni