RESPONSABILITA' CIVILE DA PRODOTTO DIFETTOSO
Nozioni |
La nozione di "danno da prodotto difettoso" assegna rilievo al mezzo con il quale viene prodotto il danno. La disciplina inerente alle ipotesi in cui il danno viene provocato da un bene immesso sul mercato nell'esercizio di un impresa, fa parte di un particolare settore della responsabilità civile.
Con lo sviluppo del processo produttivo in serie sono emersi nuovi rischi per il consumatore, dovuti ad errori tecnici, e si è data la necessità di prestare la dovuta attenzione alla tutela dei loro interessi. In mancanza di previsioni in materia nella codificazione del 1942, la disciplina di questi fenomeni è stata elaborata da giurisprudenza e dottrina a partire dagli anni '60. La tendenza giurisprudenziale è orientata a stabilire un rapporto diretto tra fabbricante e consumatore, in modo da imputare direttamente al primo la responsabilità.
Il danno derivante da prodotto difettoso ha assunto un significato tecnico-giuridico solo a seguito dell'emanazione della direttiva comunitaria CEE del 25 luglio 1985, n. 374, attuata in Italia con D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224. Prima del suddetto decreto, per configurare la responsabilità del produttore per i danni derivanti da prodotti difettosi, venivano utilizzati gli istituti tradizionali, tra cui la garanzia per i vizi della cosa venduta, prevista nell'art. 1491 cod. civ., la responsabilità contrattuale (artt. 1218 e ss. cod. civ.) ed extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.), nonché la disciplina della responsabilità oggettiva. Tuttavia, tali strumenti non erano del tutto adeguati alla protezione degli interessi del consumatore, sia per la quantità degli argomenti trattati che per la qualità dei casi che si rivelavano avere ratio decidendi differente.
L'attenzione in queste ipotesi non è più focalizzata sul rapporto contrattuale tra acquirente e rivenditore, come nella disciplina della garanzia (il cui ruolo nella società dei consumi di massa è sempre più marginale), ma vengono stabiliti nuovi oneri direttamente sul produttore e ad essere tutelato non è più l'acquirente ma l'utente, vale a dire colui il quale fa uso del prodotto anche se il possesso dello stesso non deriva direttamente da un contratto d'acquisto.
Le norme inerenti la responsabilità del produttore per i danni derivanti dai prodotti difettosi, così come risultanti dal d.p.r. 24 maggio 1988, n. 224, hanno creato un compromesso tra tutela del pubblico e interessi di impresa, affermando la responsabilità oggettiva del produttore. Siamo di fronte a un modo socialmente adeguato di distribuire i rischi inevitabili della mass production.
Il presupposto della responsabilità oggettiva del produttore per i danni derivanti dai prodotti difettosi è l'aver posto in circolazione un prodotto difettoso che, in quanto tale, è insicuro per l'utente. Questo significa che la responsabilità è basata sul solo rapporto di causalità fra il fatto proprio e l'altrui evento dannoso, prescindendo dalla prova della colpa del produttore. Il difetto è "causa" del danno ed è tale anche quando non si possa imputare all'imprenditore alcune negligenza nella lavorazione. Il danno si basa sulla normalità o regolarità statistica, che rende prevedibile un dato effetto come conseguenza del verificarsi di una data causa.
La normativa in materia di responsabilità del produttore per danni cagionati da prodotti difettosi, in particolare per difetti di fabbricazione della cosa, è stata trasfusa nel codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005) agli artt. 114 ss. Invero, la natura oggettiva della responsabilità del produttore, in quanto comportante una presunzione iuris et de iure di colpa in caso di messa in circolazione di un prodotto difettoso, è stata ripetutamente affermata anche dalla giurisprudenza.
Carattere oggettivo della responsabilità per i danni cagionati dai prodotti difettosi |
Con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988 è stata, poi, introdotta una vera e propria ipotesi di responsabilità tipica per danni da prodotto difettoso, la quale è presunta "iuris et de iure", poiché si basa sul solo rapporto di causalità fra il danno e il processo di produzione, e che presuppone soltanto la messa in circolazione del prodotto che non offre la sicurezza adeguata. La disciplina in merito non prevede la colpa, né come criterio di imputazione né come prova liberatoria, in quanto circoscrive l'ambito della responsabilità alla figura del produttore.
La consolidata giurisprudenza è univoca a ritenere che la responsabilità per danno da prodotto difettoso ha carattere oggettivo: qualora l'utente di un prodotto, che manchi dei requisiti di sicurezza generalmente richiesti dall'utenza, dimostri l'esistenza del danno e del difetto del prodotto, nonché il nesso di causalità fra questi, avrà diritto al risarcimento da parte del produttore, a prescindere dall'elemento soggettivo. Il legislatore, così statuendo, ha voluto favorire l'interesse degli utenti danneggiati nel poter imputare al produttore l'insicurezza del prodotto, poiché i produttori sono i soggetti meglio in grado di ripartire i costi derivanti dai danni da prodotto difettoso. Non si tratta, però, di una responsabilità assoluta: nel decreto 265 / 2005 vengono elencate le cause di esclusione della responsabilità.
L'ampiezza della sfera dei danni risarcibili: il risarcimento del danno da prodotto difettoso non esclude altri diritti risarcitori basati sulla colpa. |
La disciplina di attuazione della Direttiva CEE n. 374 del 1985 in materia di danni da prodotto difettoso è soltanto uno degli strumenti approntati dal sistema giuridico a tutela dell'utente. Qualora questi fornisca la prova del difettoso funzionamento del prodotto acquistato, il produttore risponde sia del danno patrimoniale che del danno non patrimoniale e il consumatore avrà, inoltre, diritto alla risoluzione del contratto d'acquisto. Questo significa che la natura oggettiva della responsabilità del produttore per il danno da prodotto difettoso, non impedisce il risarcimento di altri tipi di danni, come il danno morale.
Prova liberatoria |
Per affermare la responsabilità del produttore, è stabilito che incombe sul danneggiato l'onere della prova in relazione al danno subito, al difetto del prodotto, nonché al nesso di causalità tra questi. La norma esclude la necessità, di conseguenza, di provare la diligenza dell'utente nell'uso del prodotto. Una volta accertata la mancanza di sicurezza dello stesso, invece, spetterà al produttore invocare le eventuali cause di esclusione previste dalla disciplina, facendo valere ad esempio il concorso di colpa del danneggiato, oppure la mancanza di immissione in circolazione del prodotto.
La questione dell'onere probatorio è oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali. La consolidata giurisprudenza riconosce la sussistenza della responsabilità oggettiva del produttore ex d.p.r. 224/1988 anche nelle ipotesi in cui non viene fornita la prova del difetto — meccanico o di costruzione — con assoluta certezza, ma solo con un'elevatissima probabilità. Secondo la tendenza formatasi, per affermare il difetto del prodotto è necessario tener conto delle caratteristiche individuali dei diversi prodotti. Ciò significa, che nella controversia relativa alla responsabilità per danno derivante da prodotto difettoso, spetterà al giudice valutare il livello di sicurezza richiesta dalla fattispecie. In alcuni casi, il consumatore ha un maggior vantaggio nell'evitare il danno che non il produttore, mediante, ad esempio, una semplice prova allergica.
L'individuazione dei soggetti responsabili |
La disciplina della responsabilità del produttore ha lo scopo di riequilibrare i costi sociali prodotti da certe attività rischiose ma socialmente utili, sanzionando l'insicurezza del prodotto. Poiché il produttore è meglio in grado di recuperare i costi connessi al danno cagionato da un prodotto difettoso, tenendo conto delle caratteristiche del mercato, il legislatore, nel provvedimento di attuazione della direttiva europea in tema, ha enunciato la responsabilità oggettiva del produttore. In generale, per tale soggetto si intende in primo luogo il fabbricante del prodotto finito o di sua componente. Nel caso in cui, invece, il lavoro venga diviso tra diverse imprese, sarà considerato responsabile il soggetto che ha organizzato unitariamente il sistema di produzione. Per consentire in modo più ampio al danneggiato di agire nei confronti di chi sia a qualunque titolo coinvolto nella circolazione del prodotto, inoltre, il legislatore allarga l'aria di responsabilità definendo come produttore anche chi "si presenti come tale, apponendo il proprio nome, marchio o segno distintivo sul prodotto o sulla confezione".
La giurisprudenza di legittimità ha provveduto a sottolineare che la responsabilità da prodotto difettoso non è una responsabilità solidale. Il produttore parziale di un componente, infatti, risponderà solo se verrà provato il difetto della parte componente, mentre il fornitore sarà responsabile solo se egli abbia omesso di comunicare al danneggiato l'identità e il domicilio del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto entro il termine di tre mesi dalla richiesta. Quest'ultimo principio è stato dichiarato anche dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee. La giurisprudenza ha stabilito, inoltre, nell'ambito di un giudizio circa la sussistenza della responsabilità del fornitore del bene, quali sono le prove che il fornitore deve dare ai fini dell'esclusione della propria responsabilità.
Per concludere:
Il fornitore ed il produttore, quasi sempre, sono chiamati in corresponsabilità a rispondere dei danni causati a terzi derivante dai prodotti difettosi.
Va comunque ricordato che la richiesta risarcitoria di terzi derivante, da prodotto difettoso, si prescrive in 10 anni dalla commercializzazione del prodotto o meglio dalla consegna dello stesso al cliente.
Va, poi, ricordato che nel caso di sopravvenienza di vizi occulti del prodotto, gli stessi devono essere denunciati dai clienti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1495 C.C. entro 8 giorni dalla scoperta e l'azione giudiziale si prescrive in 1 anno dalla consegna, vivendo tale norma, nonostante il D. Lgs. 265 / 2005.
Nel caso in cui, invece, il venditore abbia garantito il buon funzionamento della cosa venduta, il compratore deve denunziarne il funzionamento entro 30 giorni dalla scoperta e l'azione si prescrive in 6 mesi dalla scoperta (art. 1512 C.C.).
In ogni caso per cercare di fugare ogni rischio da richieste di risarcimento dei danni da parte di terzi, il produttore che subentra nella proprietà dei beni e diritti di altro produttore dovrà:
1) Certificare i nuovi prodotti con test di sicurezza prodromici rispetto alla acquisizione e manutenere, con regolarità, quelli già commercializzati, ricorrendo — se possibile — a certificazioni di corretto funzionamento, da parte di enti accreditati sia quanto al buon funzionamento dei macchinari che in linea con le norme in tema di sicurezza (tra gli altri il D. Lgs. 81 / 08);
2) Porre la massima attenzione sia nella fase tecnico produttiva in senso stretto sia nel momento organizzativo dell'impresa;
3) Essere in grado, per tutto il tempo in cui perdura il diritto al risarcimento, di riconoscere il proprio prodotto al fine di evitare una indebita imputazione di responsabilità, soprattutto se tale prodotto rientrerà un sistema più grande di prodotti assembleati;
4) Porre la massima attenzione sulla documentazione della data della messa in circolazione di ciascun prodotto, per far decorrere i termini prescrizionali per le eventuali azioni risarcitorie di terzi;
5) Poter documentare, rispetto ad ogni singolo prodotto, la provenienza delle parti componenti impiegate nella fabbricazione del prodotto al fine, soprattutto, di poter esercitare le azioni di regresso nei confronti dei terzi responsabili;
6) Valutare la convenienza di trasferire in tutto o in parte i rischi risarcitori allo strumento assicurativo (per esempio con una polizza da responsabilità civile per danni a terzi) definendo i limiti di copertura quantitativi (massimali e territoriali), con particolare riferimento alle aree estere dove vige un regime particolarmente severo (come per esempio in USA, Canada, Massico etc…).
Milano, lì 28 maggio 2015
Avv. Stefano Salvetti Avv. Luigi Colantuoni