Garante della privacy – sì alla webcam purche’ rispetti i diritti dei lavoratori
In data 10 giugno 2010, il Garante Privacy ha emesso un provvedimento in linea con quanto già diffuso l’8 aprile 2010, in materia di trattamento dei dati personali effettuati tramite sistemi di videosorveglianza.
Il caso traeva origine da una segnalazione di una lavoratrice che lamentava l’installazione, presso ciascuno di due distinti punti vendita, ove aveva prestato attività lavorativa, di una webcam in asserita violazione della normativa di settore in tema di controlli a distanza sull’attività dei lavoratori (art. 4, legge n. 300/1970).
Tale segnalazione aveva avuto come seguito un’ispezione della Guardia di Finanza che aveva riscontrato che un impianto di webcam, pur predisposto, non era ancora entrato in funzione, ma l’altro era già in funzione e soprattutto era in grado di riprendere l’intera sala destinata ad esposizione e vendita. In particolare, poi, il suddetto impianto risultava predisposto, secondo le dichiarazioni del datore di lavoro, esclusivamente ai fini di sicurezza (dato anche il contesto territoriale di riferimento) e da deterrente contro eventuali furti da parte dei clienti, peraltro già verificatisi in passato.
La disciplina giuridica rilevante
La sua compatibilità con la normativa in materia di dati personali, e in particolare con la speciale disciplina di cui all’art. 4 della legge nr. 300/1970, va vista in rapporto ai due fondamentali adempimenti dell’informativa ex art. 13 del Codice Privacy e del consenso ex art. 23 del medesimo Codice. Ebbene, riguardo al secondo, si provvedeva all’acquisizione di un «consenso orale» delle singole dipendenti.
Riguardo al primo, tuttavia, non risultava essere stata fornita alcuna informativa agli interessati né alcun testo (pur minimo) era risultato presente neanche all’esterno dei locali aziendali. Tale circostanza configurava un trattamento illecito dei dati personali.
Tale trattamento — nell’implicita impostazione del Garante — non può essere giustificato né dal fatto che la webcam venga accesa sporadicamente e prevalentemente nei giorni in cui il titolare non è presente presso il punto vendita, né dal mero fatto che il titolare si sia dimenticato di provvedere alla posa di eventuali cartelli o altre segnalazioni per indicare l’esistenza della telecamera.
Nella fattispecie, a seguito della visita ispettiva, l’azienda ha dichiarato di aver provveduto a predisporre e collocare nell’ambito del negozio un testo informativo ex art. 13 del Codice. Così, fermi restando il carattere illecito del trattamento in questione, ai sensi dell’ art. 4, comma 2 l. n. 300/1970, e l’irrogabilità della sanzione amministrativa per omessa informativa ex art. 161 del Codice, il Garante ha ritenuto di non formulare specifiche prescrizioni nei confronti della medesima, e si è pertanto limitato a disporre il blocco del trattamento ai sensi degli artt. 143, comma 1, lett. c), 144 e 154, comma 1, lett. d) del Codice.
Al contempo, si segnala che il Garante della Privacy, con il medesimo provvedimento, ha avuto modo di riprendere l’orientamento già fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa non è escluso né dalla circostanza che le apparecchiature installate non siano ancora funzionanti, né dal fatto che il controllo sia destinato ad essere discontinuo (cfr. Cass. 6 marzo 1986, n. 1490).
Con il medesimo, poi, ha predisposto la trasmissione degli atti e di copia del provvedimento all’autorità giudiziaria per l’eventuale configurabilità dell’illecito penale collegato al controllo occulto illecitamente attuato.
CONCLUSIONI
Concludendo, è opportuno ricordare come il suddetto provvedimento specifico si inserisca nella scia e sia in armonia con il recente provvedimento generale dell’8 aprile 2010, in materia di trattamento di dati personali effettuati tramite sistemi di videosorveglianza, che viene in rilievo con particolare riferimento alle sue disposizioni in materia di rapporti di lavoro. In particolare, tale provvedimento prevede che:
1) nelle attività di sorveglianza occorre rispettare il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa e ciò anche in caso di erogazione di servizi per via telematica mediante c.d. «web contact center».
2) Vanno poi osservate le garanzie previste in materia di lavoro quando la videosorveglianza è impiegata per esigenze organizzative e dei processi produttivi, ovvero è richiesta per la sicurezza del lavoro (art. 4 legge n. 300/1970; art. 2 d.lgs. n. 165/2001);
3) queste garanzie vanno osservate sia all’interno degli edifici, sia in altri luoghi di prestazione di lavoro, così come, ad esempio, si è rilevato in precedenti provvedimenti dell’Autorità a proposito di telecamere installate su autobus (le quali non devono riprendere in modo stabile la postazione di guida, e le cui immagini, raccolte per finalità di sicurezza e di eventuale accertamento di illeciti, non possono essere utilizzate per controlli, anche indiretti, sull’attività lavorativa degli addetti);
4) è inammissibile l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa (ad es. bagni, spogliatoi, docce, armadietti e luoghi ricreativi);
5) eventuali riprese televisive sui luoghi di lavoro per documentare attività od operazioni solo per scopi divulgativi o di comunicazione istituzionale o aziendale, e che vedano coinvolto il personale dipendente, possono essere assimilati ai trattamenti temporanei finalizzati alla pubblicazione occasionale di articoli, saggi ed altre manifestazioni del pensiero.
In tal caso, alle stesse si applicano le disposizioni sull’attività giornalistica contenute nel Codice, fermi restando, comunque, i limiti al diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza, nonché l’osservanza del codice deontologico per l’attività giornalistica ed il diritto del lavoratore a tutelare la propria immagine opponendosi anche, per motivi legittimi, alla sua diffusione.
Avv. Stefano Salvetti